Non basta la colpa del pedone per “assolvere” l’investitore

 Il “pedone” rappresenta la parte più debole di tutti i “protagonisti” della circolazione stradale e, non a caso, gode di particolare attenzione sotto il profilo normativo e giurisprudenziale.

Infatti, il Codice della Strada detta alcune specifiche norme di comportamento che i conducenti dei veicoli devono assumere in presenza dei pedoni, soprattutto se essi sono intenti ad effettuare l’attraversamento della strada.

In particolare, a norma dell’art 191 del Codice della Strada, quando il traffico non è regolato da agenti o semafori, i conducenti hanno l’obbligo di fermarsi se vi sono pedoni che transitano sugli attraversamenti pedonali e devono, comunque, dare la precedenza ai pedoni che si accingono ad attraversare sulle apposite strisce pedonali, rallentando la marcia e, all’occorrenza, arrestando il veicolo.

 

Le tutele per i pedoni e per le categorie deboli

Inoltre, sulle strade sprovviste di attraversamenti pedonali, i conducenti devono consentire al pedone che abbia già iniziato l’attraversamento della strada di raggiungere, in condizioni di sicurezza, il lato opposto della carreggiata. Infine, una particolare disposizione è prevista dal comma 3 dello stesso articolo in riferimento alle cosiddette “categorie deboli”, secondo cui “I conducenti devono fermarsi quando una persona invalida con ridotte capacità motorie o su carrozzella, o munita di bastone bianco, o accompagnata da cane guida, o munita di bastone bianco-rosso in caso di persona sordo-cieca, o comunque altrimenti riconoscibile, attraversa la carreggiata o si accinge ad attraversarla e devono comunque prevenire situazioni di pericolo che possano derivare da comportamenti scorretti o maldestri di bambini o di anziani, quando sia ragionevole prevederli in relazione alla situazione di fatto”.

Si tratta, a ben vedere, di una disciplina che tende a rafforzare la posizione del pedone e che trova riscontro in molte altre norme del Codice della Strada: basti pensare al principio informatore della circolazione stradale (art 140 CdS), che impone a tutti gli utenti della strada di evitare comportamenti pericolosi e, al contempo, di adoperarsi per garantire la sicurezza stradale; oppure alla regolamentazione dei limiti di velocità (art 141 CdS), in cui si richiamano gli utenti della strada ad avere un velocità adeguata “alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura” in modo tale da evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone: obbligo, quest’ultimo, rafforzato in presenza di scuole o di altri luoghi frequentati da fanciulli, oltre che  “in prossimità degli attraversamenti pedonali e, in ogni caso, quando i pedoni che si trovino sul percorso tardino a scansarsi o diano segni di incertezza” (art 141 CdS).

 

Il comportamento colposo del pedone non esclude le responsabilità del conducente

È del tutto evidente, dunque, la particolare attenzione posta dal legislatore nei confronti del pedone, tanto da prevedere – in più occasioni – specifici comportamenti a cui tutti gli utenti della strada e soprattutto i conducenti di veicoli devono uniformarsi.

In applicazione di tali norme la giurisprudenza di legittimità ha elaborato una serie di principi volti a limitare fortemente i casi in cui sia possibile escludere totalmente la responsabilità del conducente di un veicolo che abbia investito un pedone: responsabilità che non può neppure essere esclusa in caso di comportamento colposo o imprudente del pedone stesso.

In particolare, in una recente sentenza (Cass pen sez IV 12/06/2019 n. 29277) la Suprema Corte ha analizzato la condotta del conducente di un motoveicolo che aveva investito tre pedoni intenti ad attraversare la strada, cagionando la morte di uno di loro: nonostante l’attraversamento delle tre persone anziane sia avvenuto in presenza di un divieto di transito ai pedoni e di una transenna volta a delimitare la carreggiata, e benché il motoveicolo procedesse a velocità contenuta (circa 45 km/h), i giudici della Suprema Corte hanno ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito che avevano affermato la penale responsabilità del conducente della moto.

Una sentenza della Cassazione

Per gli Ermellini, infatti, “Il dovere di attenzione del conducente teso all’avvistamento del pedone trova il suo parametro di riferimento (oltre che nelle regole di comune e generale prudenza), nel richiamato principio generale di cautela che informa la circolazione stradale e si sostanzia, essenzialmente, in tre obblighi comportamentali: quello di ispezionare la strada dove si procede o che si sta per impegnare; quello di mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico; quello, infine, di prevedere tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada (in particolare, proprio dei pedoni)” (cfr., per riferimenti, Sezione 4, gennaio 1991, Del Frate; Sezione 4, 12 ottobre 2005, Leonini; Sezione 4, 13 ottobre 2005, Tavoliere).

 

Gli obblighi comportamentali per il conducente del mezzo

Si tratta di obblighi comportamentali posti a carico del conducente anche per la prevenzione di eventuali comportamenti irregolari dello stesso pedone, vuoi genericamente imprudenti (tipico il caso in cui si attarda nell’attraversamento, quando il semaforo, divenuto verde, ormai consente la marcia degli automobilisti), vuoi in violazione degli obblighi comportamentali specifici, dettati dall’art. 190 CdS. Il conducente, infatti, ha, tra gli altri, anche l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli altri utenti della strada e di cercare di prepararsi a superarle senza danno altrui (cfr. Sezione 4, 30 novembre 1992, n. 1207, Rv. 193014).

Ne discende che il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o in violazione di una specifica regola comportamentale) di quest’ultimo (una tale condotta risulterebbe, invero, concausa dell‘evento lesivo, penalmente non rilevante per escludere la responsabilità del conducente: cfr. art. 41 c.p., comma 1), ma occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento (cfr. art. 41 c.p., comma 2).

 

I casi in cui il conducente può andare esente da responsabilità

Ciò che può ritenersi solo allorquando il conducente del veicolo investitore (nella cui condotta non sia ovviamente ravvisabile alcun profilo di colpa, vuoi generica vuoi specifica) si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di “avvistare” il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso e imprevedibile.

Solo in tal caso, infatti, l’incidente potrebbe ricondursi, eziologicamente, proprio ed esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del conducente ed operante in assoluta autonomia rispetto a quest’ultima” (così in motivazione, Cass pen. sez. IV, 12/06/2019 n. 29277).

L’attraversamento improvviso del pedone non è evento imprevedibile

La giurisprudenza di legittimità, peraltro, ha più volte ribadito che l’attraversamento improvviso del pedone, anche al di fuori delle strisce pedonali, è un rischio piuttosto prevedibile nell’ambito della circolazione stradale, con conseguente impossibilità di escludere – in tali casi – la responsabilità del conducente che investe il pedone: responsabilità che non potrà essere esclusa neppure se l’investimento è avvenuto a seguito di abbagliamento da raggi solari del conducente dell’automezzo, atteso che tale evenienza non integra un caso fortuito ed impone a chi guida di interrompere la marcia – adottando opportune cautele onde evitare l’insorgere di intralcio o pericolo per altri – in attesa di superare gli effetti del fenomeno impeditivo della visibilità (si veda, sul punto, Cass. pen. sez. IV, 29/03/2019 n. 27876, dep. 25/06/2019).

 

La condotta scorretta del pedone però può incidere sulla percentuale di colpa

Tuttavia, se da un lato la condotta colposa assunta dal pedone nella causazione del sinistro non è – di per sé sola – idonea ad escludere la responsabilità del conducente (tranne il caso in cui sia assolutamente anomala, abnorme ed imprevedibile), essa può incidere notevolmente sulla percentuale di colpa addebitabile all’investitore e, dunque, sulla determinazione del danno da risarcire. In particolare, la Corte Suprema ha ritenuto che sul pedone che attraversa la strada al di fuori delle strisce pedonali grava l’obbligo di dare la precedenza ai veicoli in marcia, sicché, in ipotesi di investimento, la condotta del pedone medesimo assurge a concausa del sinistro (Cass civ., sez. VI, 28/01/2019 n 2241).

In un’altra recente decisione, la Cassazione ha ritenuto legittima la decurtazione del 40 per cento operata dai giudici del merito sul risarcimento del danno subito da un pedone a seguito di investimento in strada: nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto gravemente colposa, e concausa dell’evento lesivo, la stessa condotta avuta dalla donna che, al momento dell’investimento, si trovava nei pressi della banchina stradale (caratterizzata da un avvallamento) e non sul marciapiede, così da rendere meno visibile la sua presenza (ved. Cass. civ., sez. VI, ordinanza n. 18593/19, 31 gennaio – 10 luglio 2019).

E anche chi va a piedi può dover rispondere di danni cagionati ad altri

Non va, infine, sottaciuto che i comportamenti colposi del pedone, non solo possono determinare una riduzione del risarcimento del danno patito a seguito d’investimento, ma possono anche essere fonte di responsabilità diretta per danni cagionati agli altri utenti della strada; così, in una recentissima sentenza della Cassazione penale, è stata affermata la responsabilità per lesioni colpose nei confronti di una donna che, attraversando col semaforo rosso, ha cagionato la rovinosa caduta del conducente di un motociclo che stava regolarmente transitando in quel frangente e che non era riuscito ad arrestare tempestivamente il proprio veicolo (Cass. pen., sez. IV, sentenza del 18/12/2019, dep il 07/01/2020 n. 140).

Anche il pedone ha i suoi obblighi

D’altronde, lo stesso Codice della Strada, se da un lato prescrive precisi comportamenti ai conducenti da tenere in presenza dei pedoni (art 191 CdS), dall’altro lato – in modo del tutto speculare – detta una serie di obblighi a cui tutti i pedoni devono attenersi in determinate circostanze (art 190 CdS), la cui violazione può dare luogo a responsabilità civile e penale.

In definitiva, possiamo concludere che, a fronte di una posizione di ampia tutela legislativa e giurisprudenziale del pedone nell’ambito della circolazione stradale, si sta andando verso una maggiore “responsabilizzazione” dello stesso: la giurisprudenza di merito, ma anche quella di legittimità, stanno sempre più limitando l’applicazione tout court della presunzione di responsabilità al 100 per cento in campo all’investitore del pedone, applicando notevoli percentuali di corresponsabilità nella causazione del sinistro e, quindi, del danno risarcibile, in presenza di comportamenti colposi del pedone (si pensi all’attraversamento del pedone fuori dalle strisce, pur se nelle immediate vicinanze; all’attraversamento con luce semaforica pedonale “rossa”; all’attraversamento mentre si sta usando il telefonino; eccetera).

Tale tendenza appare, peraltro, riconducibile alla presenza di maggiori fattori di distrazione durante la circolazione stradale rispetto al passato ed impone una maggiore attenzione da parte di tutti gli utenti della strada, pedoni inclusi.

Avv. Vincenzo Cortellessa

Foro di S. Maria Capua Vetere

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