Illegittima la multa al disabile che circola in aree riservate

Un primo segale era già arrivato con una decisione di poche settimane prima, ma adesso la Cassazione lo ha ribadito con forza, con l’ordinanza n. 28144/22 depositata il 27 settembre 2022 e che rende giustizia ai soggetti con disabilità e al loro diritto di circolare liberamente per le strade del Paese: è illegittima la sanzione inflitta a un portatore di handicap transitato con il suo veicolo in un’area a circolazione riservata o limitata – che i soggetti disabili possono utilizzare – per il fatto di non aver fornito anticipatamente il numero di targa del mezzo agli uffici comunali preposti.

E questo perché “la piena effettività del diritto alla circolazione delle persone affette da disabilità motorie non tollera limiti o obblighi non previsti dalla legge ma imposti con ordinanze degli enti locali che  finiscono per introdurre illegittimi condizionamenti a tale diritto”.

 

Disabile multato per aver percorso corsie preferenziali con l’auto della moglie

Il caso, tutt’altro che isolato, si è verificato (come quello del precedente) nel comune di Milano. A un uomo portatore di disabilità certificata era stata elevata una multa per la violazione dell’art. 7 comma 14 del Codice della Strada per avere percorso corsie preferenziali con la vettura intestata alla moglie, che era stata munita del relativo contrassegno, ma di cui non era stata comunicata preventivamente all’amministrazione comunale la targa. I due coniugi (anche la moglie in quanto proprietari del veicolo in questione) avevano opposto opposizione contro i ben 14 verbali di accertamento contestati loro e il giudice di pace di Milano con sentenza n. 1748 del 29 dicembre 2015, lei aveva annullati.

Il Comune meneghino, tuttavia, aveva appellato la decisione e il Tribunale di Milano quale giudice di secondo grado, com sentenza n. 6448/2018, resa in contraddittorio tra le parti, in totale riforma del pronunciamento di prime cure, aveva confermato la validità dei verbali impugnati, condannando anche l’automobilista diversamente abile alla refusione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.

 

Non era stata segnalata al Comune la targa delle vettura utilizzata diversa da quella abituale

I giudici avevano sì riconosciuto il pieno diritto per la persona invalida di transitare nelle corsie riservate e nelle zone a traffico limitato con qualsiasi veicolo, ma al contempo avevano riconosciuto anche la legittimità del “mero obbligo” di preventiva comunicazione della targa nell’ipotesi in cui l’interessato avesse deciso di utilizzare un veicolo diverso da quello (abituale) indicato all’atto del rilascio della autorizzazione da parte dell’autorità comunale, come stabilito nell’ordinanza sindacale n. 71289 P.G. 548877/2014 del 9 settembre 2014. 

Con tale ordinanza, il Comune di Milano aveva infatti provveduto ad individuare le categorie a cui consentire l’accesso alla circolazione nelle corsie riservate ai veicoli di pubblico transito e nelle Ztl, subordinando però l‘esercizio del diritto di transito e circolazione dei veicoli con a bordo persone invalide all’obbligo di comunicare la targa del veicolo prima dell’utilizzo. Un condizione che aveva lo scopo di permettere al Comune di inserire la targa all’interno della banca dati predisposta dall’amministrazione, consentendo in questo modo ai sistemi di rilevamento automatico il riconoscimento dei veicoli autorizzati al transito. Nel caso di specie la comunicazione non era avvenuta, né l’interessato aveva fornito prova delle richieste di cambio targa o dell’impossibilità di effettuare la necessaria comunicazione. 

 

L’automobilista portatore di handicap ricorre per Cassazione, che gli dà ragione

Marito e moglie a questo punto hanno proposto ricorso per Cassazione denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 503, e ritenendo che la sentenza impugnata avesse contraddittoriamente affermato, da un lato, che la persona affetta da disabilità può accedere alle corsie preferenziali e alle aree riservate “senza specifica autorizzazione formale”, ma dall’altro lato, ponendo in capo alla stessa persona l’obbligo di preventiva comunicazione della targa: obbligo, come detto, previsto dall’ordinanza sindacale del Comune di Milano, ritenuta arbitraria e contra legem, e considerato invece legittimo dal giudice dell’appello, che lo aveva ritenuto una mera “modalità informativa”, atta a non ledere il diritto alla circolazione della persona affetta da disabilità e a perseguire nel contempo finalità pubbliche di controllo delle aree a traffico limitato. 

Ebbene, secondo la Suprema Corte il motivo di doglianza va accolto. Gli Ermellini convengono infatti con i ricorrenti nel ritenere che la sentenza censurata sia effettivamente “incorsa nella inosservanza delle norme denunciate, che prevedono il diritto dei detentori dello speciale contrassegno rilasciato alle persone invalide alla circolazione e alla sosta del veicolo al loro specifico servizio anche quando siano stati stabiliti obblighi o divieti di carattere permanente o temporaneo, oppure quando sia stata vietata o limitata la sosta e, specificamente, nelle zone a traffico limitato e nelle aree pedonali urbane”. 

 

Il diritto dell’invalido di accedere a zone a traffico limitato è “incondizionato”

Qui la Cassazione ricorda che già con la propria sentenza precedente n. 719/2008 aveva qualificato il diritto dell’invalido ad accedere nelle zone a traffico limitato come “diritto incondizionato e non limitabile per esigenze di controllo automatizzato degli accessi in tali zone”. Il principio era stato affermato con riguardo alla previa comunicazione da parte del disabile del possesso del “contrassegno invalidi” ad un ente territoriale diverso da quello di rilascio, “ma può ben essere applicato anche al caso in esame, nel quale lo stesso ente di rilascio ha introdotto un onere non previsto dalla legge in capo alla persona trasportata: quello di comunicare in via telefonica o accedendo al portale la targa diversa da quella del veicolo “master”, originariamente registrato”, comunicazione come detto giustificata dal Comune per consentire all’amministrazione un presidio della corretta circolazione stradale all’interno dei centri abitati. 

Secondo i giudici del Palazzaccio, sbaglia quindi il Tribunale quando afferma che quanto statuito da Cass. n. 719/2008 “non sarebbe applicabile al caso de quo, nel quale non si controverte in ordine al diritto di accesso nelle aree riservate di altro territorio comunale, ma dell’esercizio di quel diritto secondo le modalità stabilite nelle ordinanze comunali” per citare la sentenza di secondo grado. “Si tratta invece – obietta la Cassazione -, in entrambi i casi, di limiti posti dalle ordinanze comunali all’esercizio del diritto alla libera circolazione della persona con difficoltà motorie, consistenti in una previa comunicazione imposta al soggetto disabile (nel primo caso, di essere in possesso del “contrassegno invalidi” rilasciato da altro Comune, quando il contrassegno – ai sensi dell’art. 11 Dpr 503/1996 – ha già per legge validità sul territorio nazionale; nel secondo, di essere trasportato con un’autovettura, munita del contrassegno, diversa da quella registrata). 

La Cassazione ricorda quindi altri precedenti della Suprema Corte postisi sulla stessa linea, come la sentenza (Cass . n. 21320/2017) che aveva escluso conseguenze pregiudizievoli per il possessore di contrassegno di invalidità anche rispetto alla mancata osservanza dell’obbligo di comunicare l’accesso alla Ztl nelle 48 ore successive dal transito, come previsto dalle disposizioni comunali, in quanto tale comportamento “non può rendere illegittimo l’accesso effettuato da chi ne abbia diritto, ma serve ad evitare di comminare sanzioni a soggetti legittimati all’accesso”. E, soprattutto, cita le due recenti ordinanze della stessa II Sezione Civile (Cass. n. 8226/2022 e Cass. n. 24015/2022 ), occupatesi proprio della legittimità della stessa ordinanza sindacale adottata dal Comune di Milano, le quali hanno ribadito, entrambe, che “l’autorizzazione alla circolazione dei disabili, comprovata dal rilascio del “contrassegno invalidi”, diretta a ridurre il più possibile impedimenti deambulatori, non può trovare ostacoli generati dalle difficoltà organizzative dell’ente territoriale“. 

 

Il “pieno” diritto alla circolazione dei disabili non tollera limiti imposti da ordinanze comunali

La mancata comunicazione preventiva della targa dei veicoli utilizzati per il trasporto della persona invalida non può dunque configurare la violazione dell’art. 7 comma 14 del C.d.S. “La piena effettività del diritto alla circolazione delle persone affette da disabilità motorie – afferma con forza la Cassazione – non tollera limiti o obblighi non previsti dalla legge ma imposti con ordinanze degli enti locali, che – lungi dal ridursi, come ha statuito la sentenza impugnata, a una “modalità informativa, di natura preventiva”, diretta al conseguimento delle finalità pubbliche di controllo delle aree a traffico limitato e di prevenzione dell’inquinamento in queste zone – finiscono per introdurre illegittimi condizionamenti a questo diritto”. 

L’esigenza del Comune di conoscere tempestivamente l’uso da parte di un disabile di un veicolo diverso da quello proprio o preventivamente abilitato “risponde alla finalità di evitare l’adozione di provvedimenti sanzionatori che sarebbero successivamente opponibili da parte dei disabili” riconoscono i giudici del Palazzaccio, rilevando in proposito che il proprietario di un’auto – non disabile né autorizzato al trasporto disabili con quel mezzo – che la ceda in uso a un disabile “si espone agli accertamenti effettuati con strumenti di video sorveglianza e rimane gravato, qualora sia raggiunto da provvedimento sanzionatorio, dell’onere di dimostrare che in quella specifica circostanza il veicolo, munito di contrassegno esposto , trasportava effettivamente un disabile”. 

 

Va però accertato se l’invalido si trovasse effettivamente alla guida per scongiurare abusi 

La disposizione comunale risulta quindi per questo aspetto “favorevole ad un corretto rapporto tra l’amministrazione e la categoria dei soggetti abilitati” prosegue la Suprema Corte, aggiungendo tuttavia che essa “non legittima l’introduzione di una sanzione sostanzialmente connessa alla mancanza di preventiva comunicazione della targa di accesso alle corsie preferenziali anziché all’uso indebito di queste ultime da parte di soggetti non autorizzati”. 

La sentenza è stata pertanto cassata con il rinvio della causa al Tribunale di Milano in composizione monocratica, in persona di altro magistrato. E il giudice del rinvio, avverte la Suprema corte, dovrà tenere conto dei rilievi esposti e uniformarsi al principio di diritto affermato dagli Ermellini, accertando “se il disabile si trovasse effettivamente alla guida o trasportato sul veicolo del quale non era stata comunicata preventivamente la targa all’ente comunale, per verificare il regolare accesso nelle aree riservate o inibite al pubblico transito nel rispetto delle prescrizioni dettate dal codice della strada e scongiurare possibili abusi dell’utilizzo del pass invalidi in tali zone”. 

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