LA RESPONSABILITA’ CIVILE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NELL’INFORTUNISTICA STRADALE

Riflessioni sulla giurisprudenza in materia che già da anni tutela il danneggiato

Il tema della responsabilità della Pubblica Amministrazione nel settore dell’infortunistica stradale – già ampiamente dibattuto in dottrina e in giurisprudenza- risulta ancora oggi di stringente attualità.

La Giurisprudenza di legittimità negli ultimi anni ha mutato orientamento circa la disciplina applicabile agli incidenti verificatisi a causa di omessa manutenzione delle strade di proprietà della Pubblica Amministrazione.

In un primo tempo l’applicabilità all’Amministrazione della disciplina della responsabilità ex art. 2051 c.c. veniva esclusa, ritenendosi operante nel caso di specie la disciplina della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., con il generale principio del neminem laedere e conseguenti oneri di carattere probatorio a carico del danneggiato, tenuto a dimostrare la sussistenza dei tre elementi fondativi della responsabilità aquiliana: il fatto doloso o colposo del danneggiante, il danno ingiusto, il nesso causale fra il fatto ed il danno lamentato.

Il requisito della cosiddetta “insidia”, caratterizzato congiuntamente dall’elemento obiettivo della non visibilità e da quello soggettivo della non prevedibilità, veniva posto quale elemento essenziale per la sussistenza della responsabilità della Pubblica Amministrazione e di cui il danneggiato doveva fornire prova, con possibilità per la P.A. di prova liberatoria, dimostrando di aver adottato le cautele atte ad evitare il danno.

E’ evidente la disparità di trattamento a vantaggio della P.A., rilevata già dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 156/1999, in cui si escludeva che potesse in assoluto negarsi l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. relativamente ai beni appartenenti al demanio stradale.

A partire dagli anni ’90, ed in particolare dopo l’intervento della Corte Costituzionale, la Giurisprudenza ha progressivamente mutato orientamento, sino ad affermare la responsabilità della Pubblica Amministrazione, quale custode della strada, ai sensi dell’art. 2051 c.c., anche per un più corretto bilanciamento degli interessi.

«L’insidia o trabocchetto può sul piano probatorio considerarsi rilevante laddove al proprietario di strade pubbliche è consentito dare la c.d. prova liberatoria, dimostrando cioè di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire ed impedire che il bene demaniale presenti per l’utente una situazione di pericolo occulto produttiva di danno a terzi, con lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto, al fine di fare in sostanza valere la propria mancanza di colpa e, se del caso, il concorso di colpa del danneggiato»: Cassazione civile, sez. III, 14/03/2006, n. 5445.

«In materia di responsabilità civile da manutenzione di strade pubbliche statali, l’insidia o trabocchetto determinante pericolo occulto non è elemento costitutivo dell’illecito aquiliano ex art. 2043 c.c., sicché della prova della relativa sussistenza non può onerarsi il danneggiato, risultandone altrimenti, a fronte di un correlativo ingiustificato privilegio per la p.a., la posizione inammissibilmente aggravata, in contrasto con il principio cui risulta ispirato l’ordinamento di generale favore per colui che ha subito la lesione di una propria posizione giuridica soggettiva rilevante e tutelata a cagione della condotta dolosa o colposa altrui, che impone a chi questa mantenga di rimuovere o ristorare, laddove non riesca a prevenirlo, il danno inferto. A tale stregua l’insidia o trabocchetto può ritenersi assumere semmai rilievo nell’ambito della prova da parte della p.a. di avere, con lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto, adottato tutte le misure idonee a prevenire che il bene demaniale presenti per l’utente una situazione di pericolo e arrechi danno, al fine di far valere la propria mancanza di colpa o, se del caso, il concorso di colpa del danneggiato»: Cassazione civile, sez. III, 20/02/2009, n. 4234

La premessa da cui si muovono le più recenti pronunce della Suprema Corte è, infatti, che l’ente gestore sia tenuto alla manutenzione delle strade di sua proprietà, non solo sulla base di specifiche norme, ma anche per il generale obbligo di custodia cui consegue l’applicabilità dell’art. 2051 c.c., in caso di omessa prevenzione e mancato impedimento del danno a terzi.

Il danneggiato dovrà provare che il danno è derivato dalla strada o dalla cosa in custodia, dimostrando che l’evento si è prodotto come conseguenza della condizione della strada stessa.

Spetterà all’Ente proprietario o al gestore della strada fornire la prova liberatoria che il danno si sia verificato per caso fortuito (Cassazione Civile, sez. III, 27.11.2014 n. 25214; Cassazione Civile, sez. III, 24.01.2014 n. 1468).

«La responsabilità ex art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno arrecato. Sul danneggiato incombe l’onere di provare l’evento dannoso ed il nesso di causalità e non anche l’insidia, ovvero la condotta commissiva od omissiva del custode; al convenuto, invece, per andare esente da responsabilità, spetta di provare il caso fortuito»: Cassazione civile, sez. III, 18/05/2015, n. 10129

Circa la natura della responsabilità così imputata in capo alla Pubblica Amministrazione, sono da rilevare ancora differenti orientamenti. Se da un lato, la responsabilità ex art. 2051 c.c. sembrerebbe configurare un’ipotesi di responsabilità oggettiva, dall’altro lato, proprio la previsione normativa di una prova liberatoria (del caso fortuito) farebbe supporre che la condotta dell’amministrazione possa non essere ritenuta irrilevante. Come è stato da più parti sottolineato, infatti, sia in dottrina che in giurisprudenza, la prova della sussistenza del caso fortuito consentirebbe alla P.A. di escludere la riconducibilità dell’evento lesivo ai doveri di controllo del custode. Tali considerazioni hanno consentito di ricostruire la fattispecie di cui all’art. 2051 c.c. in termini di responsabilità aggravata da presunzione di colpa, iuris tantum, a carico della P.A. quale custode del bene stradale. In sostanza, secondo questa impostazione, la Pubblica Amministrazione risponderebbe del danno sulla base di una sua presunta negligenza nel controllo della strada, presunzione superabile, però, in presenza di fatti non prevedibili e non evitabili con l’utilizzo dell’ordinaria diligenza.

Strettamente connesso al carattere custodiale della responsabilità della P.A. in materia di danni da omessa o carente manutenzione stradale è il tema dei limiti a cui soggiace la citata responsabilità. In merito, si è evidenziata una distinzione tra limiti interni e limiti esterni alla responsabilità ex art. 2051 c.c., laddove questi ultimi rappresenterebbero ipotesi estranee alla previsione normativa, quale ad esempio il caso di una strada sottratta di fatto al potere di controllo della Pubblica Amministrazione. In una simile evenienza, la presenza di un limite esterno impedirebbe di poter configurare alcuna responsabilità custodiale a carico della P.A., poiché il potere di controllo da cui discende la responsabilità ex art. 2051 c.c. deve essere concreto, derivando dalla concretezza del potere la possibilità della P.A. di intervenire per modificare le situazioni potenzialmente lesive dei diritti altrui. In merito la Giurisprudenza ha più volte rimarcato la necessità di valutare caso per caso l’effettiva capacità di controllo della strada da parte dell’Ente proprietario o del gestore, individuando comunque taluni indici di difficoltà (ad esempio, l’estensione della sede stradale e la frequenza nel suo utilizzo da parte degli utenti), di per sé peraltro non idonei ad escludere a priori la responsabilità stessa.

A differenza dei limiti esterni, i limiti interni opererebbero invece nell’ambito applicativo dell’art. 2051 c.c., mitigando la portata dell’obbligazione risarcitoria a carico della P.A. E’ il caso, frequente nella prassi applicativa, del concorso del fatto colposo del danneggiato, di cui all’art. 1227 c.c., che non è sufficiente a escludere la responsabilità custodiale dell’Amministrazione, ma comporta il contenimento dell’obbligo risarcitorio in punto di quantum debeatur.

«Il danneggiato che chiede il risarcimento per il pregiudizio sofferto in conseguenza dell’omessa o insufficiente manutenzione delle strade o di sue pertinenze, invocando la responsabilità della p.a., è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivino dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto. Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, e può essere data anche con presunzioni, giacché la prova del danno è di per sé indice della sussistenza di un risultato anomalo, e cioè dell’obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno, non essendo il danneggiato viceversa tenuto a dare la prova anche della presenza di un’insidia o di un trabocchetto, estranei alla responsabilità ex art. 2051 c.c., o dell’insussistenza di impulsi causali autonomi ed estranei alla sfera di controllo propria del custode o della condotta omissiva o commissiva del medesimo. Facendo eccezione alla regola generale di cui al disposto degli art. 2043 e 2697 c.c., l’art. 2051 c.c. determina infatti un’ipotesi caratterizzata da un criterio di inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del custode la possibilità di liberarsi dalla responsabilità presunta a suo carico mediante la prova liberatoria del fortuito, dando, cioè, la dimostrazione che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso»: Cassazione civile, sez. III, 09/10/2008, n. 24881.

«Se il potere di controllo del bene demaniale, presupposto necessario per risolvere la situazione di pericolo, è oggettivamente impossibile, non vi è custodia e non vi è responsabilità della Pubblica Amministrazione (esclusa, nella specie, la domanda di risarcimento dei danni che una macchina riportava a causa di un sinistro dovuto ad una lastra di ghiaccio che si trovava su una strada extraurbana provinciale)»: Cassazione civile, sez. VI, 19/06/2015, n. 12802.

Sarà onere del custode che voglia andare esente da responsabilità, come già precisato, fornire la prova del “caso fortuito”, ovvero la dimostrazione dell’esistenza di un fattore estraneo eccezionale ed imprevedibile, idoneo ad interrompere il nesso causale. Nell’ipotesi di “caso fortuito” rientrano anche il comportamento del terzo ed il comportamento dello stesso danneggiato.

«Nell’ipotesi di danno da insidia stradale, la valutazione del comportamento del danneggiato è di imprescindibile rilevanza, potendo tale comportamento, se ritenuto colposo, escludere del tutto la responsabilità dell’ente pubblico preposto alla custodia e manutenzione della strada, o quantomeno fondare un concorso di colpa del danneggiato stesso valutabile ex articolo 1227, primo comma, c.c.»: Cassazione civile, sez. III, 28/07/2015, n. 15859.

«In relazione ai danni verificatisi nell’uso di un bene demaniale, tanto nel caso in cui risulti in concreto configurabile una responsabilità oggettiva della p.a. ai sensi dell’art. 2051 c.c., quanto in quello in cui risulti invece configurabile una responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c., l’esistenza di un comportamento colposo dell’utente danneggiato (sussistente anche quando egli abbia usato il bene senza la normale diligenza o con un affidamento soggettivo anomalo sulle sue caratteristiche) esclude la responsabilità della p.a., qualora si tratti di un comportamento idoneo a interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso. In altri termini quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi la efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso»: Cassazione civile, sez. III, 16/05/2013, n. 11946.

«In tema di responsabilità da cosa in custodia, la presunzione stabilita dall’art. 2051 c.c., presuppone la dimostrazione, ad opera del danneggiato, dell’esistenza del nesso causale tra cosa in custodia e fatto dannoso. Il comportamento del custode è estraneo alla struttura della menzionata norma codicistica, laddove il fondamento della sua responsabilità va ricercato nel rischio che grava su di lui per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano da fortuito»: Cassazione Civile, sez. III, 13.01.2015 n. 295.

Sul punto, di rilevante importanza è la recente pronuncia della Corte di Cassazione che ha affrontato il tema della responsabilità della P.A. in presenza di eventi dannosi determinati altresì dalla condotta colposa del danneggiato (Cassazione Civile, sez. III, 12 maggio 2015, n. 9547).

«In materia di responsabilità ex art. 2051 cod. civ., la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della sede stradale, sicché, ove si lamenti un danno – nella specie, conseguente alla precipitazione di un veicolo in un burrone fiancheggiante una curva – derivante dalla loro assenza (o inadeguatezza), la circostanza che alla causazione dello stesso abbia contribuito la condotta colposa dell’utente della strada non è idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un’adeguata barriera avrebbe potuto opporre all’urto da parte del mezzo»: Cassazione civile, sez. III, 12/05/2015, n. 9547.

La Suprema Corte ha espresso il seguente principio: «allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione (principio generale) si impone agli enti proprietari delle strade di provvedere al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative pertinenze, sulla base della normativa regolamentare …».

L’evoluzione della Giurisprudenza è stata contrassegnata da significative oscillazioni tra posizioni più favorevoli alla P.A. (cfr. Cassazione Civile 08.11.2002 n. 15710) e posizioni più vicine alle ragioni del danneggiato (cfr. Cassazione Civile 03.12.2002 n. 17152 e Cassazione Civile 04.06.2004 n. 10654, nelle quali si è sottolineata la necessità di valutare nel merito l’entità dell’apporto causale del comportamento colposo del danneggiato).

La Giurisprudenza più vicina ha chiarito che ai sensi dell’art. 2051 c.c. l’Ente proprietario o il gestore di una strada aperta al pubblico transito, essendo custode del bene, è in grado di vigilare, di controllare, di modificare le condizioni di fruibilità, rispondendo, in caso contrario, del danno provocato. Accertato il fatto dannoso causato delle condizioni della strada, sarà quindi responsabile, salvo che non provi di non aver potuto evitare il danno, a causa della improvvisa ed imprevedibile insorgenza di un fatto estraneo alla dovuta diligenza nella sorveglianza e manutenzione del bene (caso fortuito), dipendente anche dal fatto di un terzo o dello stesso danneggiato; fatti idonei ad interrompere il nesso causale tra la causa ed il danno, escludendo la responsabilità del custode.

Le recenti pronunce della Suprema Corte hanno quindi seguito l’orientamento più favorevole al danneggiato, mentre una giurisprudenza più risalente, non completamente abbandonata, sulla base della ritenuta inapplicabilità dell’art. 2051 c.c. relativamente al caso in esame, ha continuato a far riferimento all’art. 2043 c.c., con onere per il danneggiato di dare la prova, ai fini del ristoro dei danni asseritamente subiti a causa delle condizioni della strada, dell’esistenza di un pericolo occulto non visibile e non prevedibile.

Considerando il contrasto ancora esistente in merito all’applicabilità delle norme di cui all’art. 2051 c.c. e 2043 c.c., pur con prevalente orientamento della Giurisprudenza negli ultimi anni nel senso più favorevole al danneggiato, riconoscendo responsabilità ex art. 2051 c.c. all’Ente proprietario o il gestore di strada aperta al pubblico transito, parte della Dottrina auspica un intervento (risolutore sul punto) delle Sezioni Unite della Suprema Corte.

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