Malasanità: la scadenza per l’azione risarcitoria è quella del reato ipotizzato

Se l’illecito ipotizzato a carico dell’ospedale è riconducibile, ove positivamente accertato nel suo elemento materiale e nel nesso causale tra la condotta dei sanitari e l’evento infausto, alla ipotesi di rilevanza penale, astrattamente configurabile, dell’omicidio colposo, e come tale qualificato, il termine di prescrizione applicabile per l’azione di danni proposta iure proprio è il più lungo termine di prescrizione decennale e non quello quinquennale.

E’ una sentenza estremamente significativa quella, la n. 3276/2024 depositata il 5 febbraio 2024, con cui la Cassazione, terza sezione Civile, trattando un tragico caso di malpractice sanitaria, si è pronunciata su una questione interessante tra qualificazione della responsabilità (contrattuale o extracontrattuale), danno iure successionis e iure proprio dei familiari, e soprattutto di individuazione del termine di prescrizione (in caso di reato), facendo anche notare come, in caso di responsabilità medica, il tema della prescrizione del diritto al risarcimento dei danni in caso di morte del paziente non è per nulla scontato, anzi, può essere assai complesso

Le figlie di un paziente chiedono i danni all’ospedale per la morte del padre per un errore medico

Le figlie di un paziente avevano citato in giudizio l’Ulss al fine di sentirne dichiarare la responsabilità contrattuale o extracontrattuale in relazione al decesso del loro padre, avvenuto il 4 novembre 2005, due giorni dopo essere stato rimandato a casa dal pronto soccorso dell’azienda ospedaliera dove si era recato lamentando forti dolori al petto, senza accertamenti nonostante la situazione infartuale già in atto. Le figlie chiedevano la condanna dell’azienda al risarcimento in loro favore del danno non patrimoniale da ciascuna di esse subito.

I giudici rigettano l’istanza proposta più di 5 anni dopo il decesso ritenendo il diritto prescritto

Il tribunale tuttavia aveva accolto l’eccezione preliminare di prescrizione formulata dalla struttura sanitaria, individuano il dies a quo di decorrenza dal giorno del decesso e calcolando da esso cinque anni, che erano decorsi prima che fosse intrapresa l’azione civile, con conseguente rigetto della domanda di risarcimento, e la Corte d’Appello aveva conferma quanto statuito in primo grado. 

 

In Cassazione le danneggiate invocano il termine decennale per l’accertata condotta colposa

Le figlie della vittima tuttavia hanno proposto ricorso anche per Cassazione, deducendo la violazione dell’art. 2947 terzo comma del codice civile, in relazione alla accertata condotta colposa della struttura sanitaria, riconducibile in via di astratta configurazione all’ipotesi del reato di omicidio colposo, in relazione al quale il termine di prescrizione non è quinquennale ma decennale.

E a supporto della loro tesi avevano segnalato, in particolare, che, per citare il ricorso, “nel separato giudizio intercorso tra la madre e la struttura sanitaria era stato accertato il nesso causale tra la condotta della struttura sanitaria e la morte a breve termine del paziente, e la stessa era stata ricondotta alla fattispecie dell’omicidio colposo. 

La Suprema Corte dà loro ragione, essendo configurabile l’ipotesi di reato di omicidio colposo

Ebbene per la Suprema Corte il motivo è fondato. Nelle sue argomentazioni, la Cassazione ricorda che l’azione proposta dai prossimi congiunti, volta ad ottenere il risarcimento dei danni per la perdita del rapporto parentale nei confronti della struttura sanitaria ritenuta responsabile della morte del proprio parente, è qualificabile in termini di azione di responsabilità extracontrattuale.

L’illecito ipotizzato a carico dell’ospedale sarebbe riconducibile, ove positivamente accertato nel suo elemento materiale e nel nesso causale tra la condotta dei sanitari e l’evento infausto, per l’appunto all’ipotesi di rilevanza penale, astrattamente configurabile, dell’omicidio colposo. Ne consegue, secondo gli Ermellini, che, così qualificato l’illecito, il termine di prescrizione applicabile per l’azione di danni proposta iure proprio è il più lungo termine di prescrizione decennale previsto per il reato e non quello ordinario quinquennale ritenuto applicabile dalla Corte d’Appello.

La Cassazione ha pertanto accolto il secondo motivo del ricorso, ha cassato decisione impugnata e rinviato alla Corte territoriale, affermando con l’occasione anche il seguente principio di diritto:

La deduzione relativa all’applicabilità di uno specifico termine di prescrizione (nella specie, quello indicato al comma 3 dell’art. 2947 c.c.) integra una contro eccezione in senso lato, il cui rilievo può avvenire anche d’ufficio, nel rispetto delle preclusioni cd. assertive di cui all’art. 183 c.p.c, qualora sia fondata su nuove allegazioni di fatto; laddove, invece, sia basata su fatti storici già allegati entro i termini di decadenza propri del procedimento ordinario di cognizione, la sua proposizione è ammissibile nell’ulteriore corso del giudizio di primo grado, in appello e, con il solo limite della non necessità di accertamenti di fatto, in cassazione, dove non costituisce questione nuova inammissibile”.

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