Il danno patrimoniale futuro, legato alle lesioni subite a causa di un incidente, si può presumere dalla riduzione della capacità di lavoro

Per provare il danno patrimoniale futuro, che discende dalle lesioni personali subite a causa di un sinistro stradale, il danneggiato può anche avvalersi di presunzioni semplici: provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, infatti, qualora essa non rientri tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere che anche la capacità di guadagno sarà ridotta nella sua proiezione futura.

A chiarire questo fondamentale principio per i danneggiati la Corte di Cassazione, III Sezione Civile, con l’ordinanza n. 24209/19 depositata il 30 settembre 2019 sulla complessa vicenda giudiziaria legata ad un grave incidente “in itinere” patito da un lavoratore che, mentre si recava al lavoro con la sua auto, si era scontrato con un autoarticolato.

 

Danno differenziale per incapacità lavorativa

L’Inail, che aveva erogato all’automobilista rimasto gravemente ferito le provvidenze di legge, aveva citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Pavia il Fallimento della società proprietaria del mezzo pesante, il conducente e la sua compagnia di assicurazione (oggi) Itas, surrogandosi, ex art. 1916c.c, nei diritti dell’assicurato in relazione a tutte le somme corrisposte.

Il camionista e la compagnia dedussero la corresponsabilità dell’automobilista che, in via riconvenzionale, domandò il risarcimento del danno differenziale.

Il Tribunale accertò l’esclusiva responsabilità dei conducente del camion, condannando i convenuti a pagare in favore del danneggiato il danno differenziale non patrimoniale (151mila euro circa, al netto di quanto già pagato dall’assicurazione) e patrimoniale (322mila euro), in relazione alla pesante invalidità permanente accertata (nella misura del 55%).

La Corte d’Appello di Milano, dinanzi alla quale entrambe le parti avevano impugnato la pronuncia di primo grado, dopo aver confermato l’esclusiva responsabilità del camionista e la percentuale di invalidità del danneggiato (oggetto di specifica censura), ha tuttavia parzialmente riformato la sentenza di primo grado respingendo la domanda dell’automobilista volta ad ottenere dal responsabile del sinistro stradale in itinere (in relazione al quale, come detto, l’Inail aveva proposto originariamente la domanda di surroga, ex art. 1916 c.c, rispetto alle provvidenze erogate al lavoratore danneggiato) il risarcimento del danno differenziale patrimoniale per l’incapacità lavorativa specifica conseguente all’invalidità permanente riportata, respingendo anche, rispetto alla medesima posta risarcitoria, la domanda dell’ente previdenziale.

Secondo la Corte, la decisione del primo giudice era erronea in quanto basata esclusivamente sulle risultanze della Ctu e non su un concreto accertamento del decremento reddituale.

 

Il ricorso per Cassazione del danneggiato e dell’Inail

Il danneggiato ha quindi proposto ricorso contro quest’ultima sentenza per Cassazione, e anche l’Inali ha presentato ricorso incidentale.

Il motivo di doglianza che qui interessa, quello che poi è stato accolto dalla Suprema Corte, è il secondo, in cui si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio: secondo il ricorrente, la Corte d’Appello, a fronte di una invalidità permanente accertata del 55% per la quale c’era stato l’intervento dell’Inail con le relative provvidenze, aveva erroneamente escluso che ricorresse un danno patrimoniale da incapacità lavorativa specifica, assumendo che la documentazione prodotta riguardava i redditi del 2008, mentre nulla risultava documentato con riferimento all’attività svolta al momento dell’infortunio: prova che invece sarebbe stata fornita, attraverso i documenti prodotti anche dall’Inail, che attestavano sia i redditi percepiti fino alla data dell’incidente, sia, in data successiva, la totale e permanente invalidità lavorativa, con impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore.

Motivo fondato per la Suprema corte. “Il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali – spiega l’ordinanza -, va valutato su base prognostica ed il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività lavorativa”.

Una presunzione che, precisano gli Ermellini, “copre solo l’“an” dell’esistenza del danno”, mentre, ai fini della sua quantificazione, “è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all’art. 1226 c.c., perché esso riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, dunque, può dimostrare di quanto quest’ultimo sia diminuito”.

 

La prova presuntiva

Nel caso in esame, tuttavia, sottolineano i giudici del Palazzaccio, la Corte territoriale ha errato nel riformare la decisione impugnata, “assumendo che non era stata data prova dei redditi esistenti al momento dell’infortunio: statuizione che invece contrasta con le evidenze documentali”, in quanto risultavano tempestivamente prodotte le buste paga relative ai mesi da gennaio ad aprile del 2009 (l’incidente si verificò il 28 maggio 2009), “le quali non sono state affatto valutate dai giudici d’appello che hanno erroneamente affermato che la documentazione versata in atti riguardava soltanto i redditi del 2008, non indicativi per dimostrare la perdita subita”.

Senza contare che tali produzioni trovano riscontro nella documentazione prodotta dall’Inail, per la quale “era certamente possibile, anche con riferimento all’attestazione di totale incapacità di attendere ad altre occupazioni, avvalersi della prova presuntiva per la determinazione, anche equitativa, del danno patrimoniale subito”.

Il Collegio condivide il principio che pone a carico del danneggiato (per consentire al giudice di procedere a una liquidazione del danno patrimoniale futuro con criteri presuntivi, e ciò anche nei casi in cui la ricorrenza dello stesso risulti altamente probabile per l’elevata percentuale di invalidità permanente), “di supportare la richiesta risarcitoria con elementi idonei alla prova del pregresso effettivo svolgimento di attività economica, ovvero del possesso di una qualificazione professionale acquisita e non ancora esercitata, in quanto il grado di invalidità permanente determinato da una lesione all’integrità psico-fisica non si riflette automaticamente, né tanto meno nella stessa misura, sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica”.

Tuttavia, prosegue la Cassazione, “proprio prendendo le mosse da tale affermazione, si rileva che nel caso in esame la motivazione resa ha del tutto omesso di esaminare la documentazione prodotta in adempimento dell’onere probatorio con esso postulato, giungendo ad una conclusione contraddetta dalle evidenze processuali”.

La sentenza impugnata è stato pertanto cassato, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione ,per il riesame della controversia alla luce dei principi di diritto pronuncianti ad hoc.

 

Il danno patrimoniale futuro

Primo. “Il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, va valutato su base prognostica ed il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività lavorativa”.

Secondo. “Tale presunzione, peraltro, copre solo l'”an” dell’esistenza del danno, mentre, ai fini della sua quantificazione, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all’art. 1226 c.c., perché esso riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, dunque, può dimostrare di quanto quest’ultimo sia diminuito”.

Terzo. ”Ove risulti che la vittima, dopo l’incidente, sia totalmente incapace di attendere ad altre occupazioni, ed abbia dato prova della misura dei redditi percepiti fino alla data dell’incidente, è compito del giudice di merito, ricorrendo alle presunzioni ed al criterio equitativo determinare la sussistenza del danno patrimoniale subito, dando conto in motivazione di un coerente esame delle evidenze processuali”.

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