L’infortunio occorso allo studente durante l’attività “outdoor” è escluso dall’assicurazione obbligatoria

Com’è noto, gli insegnanti e gli alunni delle scuole, di ogni ordine e grado, privati compresi, sono coperti dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro “che attendono ad esperienze tecnico-scientifiche od esercitazioni pratiche” per citare il D.P.R 112/1965.

Ma l’infortunio patito da uno studente durante un’attività scolastica “outdoor” cioè all’aperto, rientra in questa casistica? No secondo la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 8499/2019 depositata il 27 marzo 2019, ha stabilito un principio di assoluto rilievo che interessa milioni di ragazzi e docenti.

Studente si infortuna gravemente durante un corso scolastico di alpinismo

La vicenda su cui è stata chiamata ad esprimersi la Suprema Corte riguarda l’infortunio occorso a uno studente durante un’attività alpinistica, più precisamente un corso di calata passiva da una parete rocciosa organizzato dall’istituto scolastico di appartenenza: a causa della rottura della corda utilizzata per la discesa, il ragazzo precipitava al suolo riportando gravi lesioni di cui chiedeva integrale risarcimento unitamente ai propri genitori.

I quali hanno citato in causa, dinanzi al Tribunale di Trento, la Provincia Autonoma di Bolzano e il Ministero della Pubblica Istruzione, al fine di vederne affermata la responsabilità solidale.

I due Enti si costituivano in giudizio chiamando in causa, oltre alla propria compagnia assicuratrice, anche la società austriaca incaricata dalla scuola frequentata dallo studente dell’organizzazione dell’attività sportiva in questione.

Essendo però stata quest’ultima cancellata dal registro delle imprese di Innsbruck per intervenuta estinzione, la Provincia Autonoma di Bolzano veniva autorizzata a chiamare in giudizio i tre ex soci.

 

La difesa dei soci della società organizzatrice dell’attività

Questi, a loro volta costituitisi, eccepivano, preliminarmente, l’improcedibilità della domanda nei confronti della Provincia Autonoma (e, di riflesso, dei terzi da essa chiamati in giudizio), sussistendo – a loro dire – i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4, comma 1, n. 5), e dovendo, pertanto, indirizzarsi le pretese risarcitorie solo nei confronti dell’INAIL, ai sensi di tale disposizione.

Nel merito, inoltre, essi sostenevano l’infondatezza delle domande di risarcimento, in quanto l’attività “outdoor” in questione era stata voluta e decisa – all’esito di un programma frutto del lavoro congiunto con la Provincia autonoma – direttamente dalla scuola di appartenenza.

E l’alunno, nell’esecuzione della calata passiva, avrebbe disatteso le indicazioni fornitegli dagli accompagnatori, in particolare contravvenendo a quella di scendere verticalmente, spingendo invece la corda (che assicurava essere stata della migliore qualità) contro la parete rocciosa, cosicché essa, malauguratamente, si spezzava per sfregamento con un piccolo sperone affilato di roccia, evenienza idonea ad integrare, sempre a dire dei soci della società organizzatrice dell’attività, il caso fortuito.

In ogni caso, chiedevano e ottenevano l’autorizzazione di chiamare in causa la società assicuratrice austriaca Uniqa, con la quale era stata stipulata un’apposita polizza, il cui rischio assicurato consisteva negli eventuali sinistri che si fossero verificati in occasione della partecipazione dei ragazzi alla suddetta attività “outdoor”

 

In primo e secondo grado condannati la Provincia di Bolzano e la società

In primo grado, il giudice accoglieva soltanto la domanda risarcitoria avanzata dallo studente danneggiato, condannando al ristoro dei lamentati danni la Provincia in solido con gli ex soci dell’impresa, e rigettando tutte le altre istanze.

Tale pronuncia, successivamente gravata, veniva integralmente confermata anche dalla competente Corte d’Appello di Trento che, nel qualificare come “attività ludica” quella svolta in occasione del sinistro, aveva escluso l’accoglibilità della domanda; ma così facendo per i soci ricorrenti avrebbe violato l’art. 4, comma 1, n. 5 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 che, come detto, prevede la copertura assicurativa obbligatoria INAIL tra gli altri, per “gli insegnanti e gli alunni delle scuole o istituti di istruzione di qualsiasi ordine e grado anche privati, che attendano ad esperienze tecnico-scientifiche od esercitazioni pratiche”.

Gli ex soci hanno citato anche la circolare INAIL n. 28/03 nella quale si precisa che i presupposti della copertura assicurativa “valgono per l’intera attività formativa offerta dai piani scolastici, senza distinzioni tra attività curriculari ed extracurriculari, comunque svolte nel quadro delle iniziative complementari ed integrative del percorso formativo offerto agli studenti”, ivi comprese, secondo loro, le “esercitazioni pratiche” alle quali “debbono essere assimilate sia le attività di educazione fisica e sportiva che i viaggi di istruzione, sia quelle relative all’acquisizione di competenze di natura comportamentale ed attitudinale da far valere direttamente anche sul piano tecnico specifico”.

 

Il ricorso per Cassazione

Uno dei tre soci ha quindi proposto ricorso avverso tale decisione della Corte d’Appello di Trento per Cassazione insistendo sulla tesi che la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere avanzata nei confronti dell’INAIL; la non qualificabilità dell’attività posta in essere dall’alunno de quo nell’alveo delle cosiddette attività pericolose ex art. 2050 c.c.; nonché, la non riconducibilità del contratto di assicurazione, stipulato dalla società organizzatrice dell’attività in questione, nell’ambito dell’assicurazione a favore di terzo atteso che eventuali danni a terzi partecipanti alle attività “outdoor” sarebbero l’oggetto stesso della polizza assicurativa.

Ma la Suprema Corte ha chiarito che l’attività outdoor, a cui prese parte l’alunno danneggiato, non può farsi rientrare tra le “esperienze tecnico-scientifiche od esercitazioni pratiche richiamate dall’art. 4, co. 1, n. 5 del DPR n. 1124/1965 con riferimento alla copertura assicurativa INAIL in favore degli insegnanti e degli alunni”.

Gli Ermellini spiegano che la giurisprudenza della Cassazione ha fatto propria, con riferimento alla posizione dei docenti, “una interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1, n. 28 e art. 4, n. 5, in relazione agli artt. 3 e 38 Cost.”, estendendo la portata della norma (includendo, in particolare, tra i soggetti assicurati anche gli insegnanti delle scuole materne).

Ma puntualizzano altresì che il presupposto della succitata copertura assicurativa “resta, pur sempre, il collegamento tra le suddette “esperienze tecnico-scientifiche od esercitazioni pratiche” e le attività didattiche, richiedendosi, oltretutto, che tra le une e l’altra ricorra un “nesso di derivazione eziologica”, e non un “semplice rapporto di coincidenza cronologica e topografica”, non bastando, cioè, “che l’infortunio sia avvenuto sul luogo di lavoro e durante l’orario di lavoro”, ma occorrendo, piuttosto, “che il lavoro abbia determinato il rischio del quale l’infortunio è conseguenza”.

Se queste affermazioni valgono con riferimento al caso in cui il soggetto infortunato sia il lavoratore/insegnante, a maggior ragione debbono trovare applicazione per gli studenti, visto che essi, a differenza dei primi “sono una particolare categoria di soggetti che non hanno un rapporto di lavoro e che sono assicurati in via eccezionale, solo per gli infortuni che accadano nel corso delle esperienze tecnico-scientifiche e delle esercitazioni pratiche e di lavoro di cui alla specifica disposizione del Testo Unico”.

Da quest’argomentazione deriva quindi che tale copertura assicurativa degli studenti integra un’eccezionalità per la quale è escluso che le attività “outdoor”, svolte nel contesto di gite scolastiche, possano includersi tra le “esperienze” cui fa riferimento il succitato art. 4.

Sulla base di tali rilievi è stato quindi rigettato il motivo di ricorso.

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