La Rc-Auto copre anche se l’incidente avviene in area privata

Con la sentenza del 30.7.2021 n. 21983, le Sezioni Unite della Cassazione, la sezione più autorevole del Supremo Collegio Giudicante chiamata a dirimere le diverse interpretazioni delle sezioni cosiddette “Semplici”, ha stabilito che “lassicurazione della responsabilità civile autoveicoli opera, e l’azione diretta verso l’assicuratore spetta, anche quando il sinistro e il relativo danno occorrono da uso dell’auto in zone private”, e ciò sul presupposto che “la nozione di circolazione su aree equiparate alle strade di uso pubblico deve intendersi come quella effettuata su ogni spazio ove il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale”.

 

Le strade equiparate a quelle di uso pubblico sono tutti i luoghi dove il veicolo si utilizzi come tale

Con questa decisione, la Cassazione chiarisce che l’art. 122 del Codice delle Assicurazioni in tema di assicurazione obbligatoria R.c. auto (che al primo comma recita: “I veicoli a motore senza guida di rotaie, compresi i filoveicoli e i rimorchi, non possono essere posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate se non siano coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi prevista dall’articolo 2054 del codice civile e dall’articolo 91, comma 2, del codice della strada. Il regolamento, adottato dal Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell’IVASS, individua la tipologia di veicoli esclusi dall’obbligo di assicurazione e le aree equiparate a quelle di uso pubblico”), quando fa riferimento alle “strade equiparate a quelle di uso pubblico”, comprende tutti i luoghi in cui il veicolo assicurato viene utilizzato come tale.

La sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione pone finalmente rimedio a un’ingiustizia

L’arresto giurisprudenziale sembrerebbe quasi lapalissiano, se si tiene conto della finalità della disciplina sull’assicurazione obbligatoria, introdotta nel lontano 1969 per garantire il risarcimento dei danni alle vittime di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in considerazione delle responsabilità connesse alla guida di un veicolo previste dall’ordinamento. Tuttavia, in cinquant’anni dall’introduzione della legge R.c.auto, si è assistito alla creazione giurisprudenziale di un’autentica zona “franca”, in cui le vittime dei sinistri derivanti dalla circolazione dei veicoli non hanno potuto contare sulla copertura assicurativa, con le compagnie rimaste indenni nonostante le vittime che la circolazione di mezzi (regolarmente assicurati) ha mietuto.

 

Prima erano private della tutela le vittime di incidenti anche gravi successi in aree private

Spesso le cronache raccontano di incidenti anche gravissimi avvenuti in luoghi privati, come quello che ha originato la decisione della Corte, in cui un nonno ha investito (uccidendolo) il nipotino all’interno del cortile della propria abitazione: sinistri che tuttavia spesso, sino alla pronuncia citata, non hanno trovato neppure il riconoscimento della copertura assicurativa per i danni subiti dall’investito o dai suoi parenti

Fino a luglio 2021, infatti, molti giudici hanno seguito un orientamento diverso, secondo cui l’elemento discriminante ai fini dell’operatività dell’assicurazione doveva rinvenirsi nel fatto che il luogo di avvenimento del sinistro fosse accessibile a un numero indeterminato di persone, pena l’esclusione della copertura in caso contrario. Così, se è stata riconosciuta la possibilità di rivolgersi direttamente all’assicurazione nel caso di sinistro avvenuto nell’area di parcheggio di un ipermercato (Cass. 23.7.2009, n. 17279), in quanto chiunque ha la possibilità di accedervi, è stata esclusa l’operatività della copertura assicurativa quando l’incidente è avvenuto sulla rampa del garage di un luogo privato (Cass. 3.4.2013, n. 8090) perché, in questo caso, indipendentemente dalla natura pubblica o privata dell’area, si tratta di un luogo in cui la circolazione non è consentita a un numero indeterminato di persone, ovvero da parte del pubblico, ma solo a quanti devono compiere la manovra di ingresso o di uscita dal garage delle proprie abitazioni.

I giudici escludevano i luoghi non accessibili a un numero indeterminato di persone

Sono rimasti esclusi quindi tutti i luoghi privati non accessibili direttamente a terzi, e conseguentemente non solo i cortili delle abitazioni civili ma anche molti luoghi di lavoro non accessibili se non agli addetti dell’impresa, ipotesi, queste, che spesso assurgono agli onori delle cronache, non fosse altro perché i sinistri spesso si verificano tra familiari, amici o colleghi di lavoro, e come tali coinvolgono anche rapporti personali tra l’autore del sinistro e la vittima e i suoi cari, con conseguenze aberranti quando a mancare è proprio il sostegno dell’assicurazione. In questi termini si presentava anche il caso che ha originato la decisione della Corte in commento, posto che secondo i giudici di primo e secondo grado il genitore del figlio rimasto vittima del sinistro, per ottenere il risarcimento del danno, non potrebbe fare altro che agire contro il proprio padre e/o suocero investitore, non potendo rivolgersi alla compagnia che copre la circolazione del veicolo regolarmente assicurato.

 

La prima sentenza del 2015 delle Sezioni Unite

Queste conseguenze paradossali erano state in parte già scalfite da un arresto giurisprudenziale delle stesse Sezioni Unite (sentenza 29.4.2015, n. 8620), che avevano focalizzato l’attenzione in particolare sulla norma in tema di responsabilità in caso di sinistro stradale per far fronte alla quale è stata introdotta la copertura assicurativa obbligatoria, ossia l’art. 2054 c.c. che, al primo comma, stabilisce che “il conducente di un veicolo … è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo”. Nell’occasione il Supremo Collegio aveva evidenziato che “il ‘veicolo’ (deve) essere considerato, in tutte le sue componenti e con tutte le caratteristiche, strutturali e funzionali, che, sia sotto il profilo logico che sotto quello di eventuali previsioni normative, ne consentono l’individuazione come tale ai sensi del C.d.S.”, e pertanto costituisce “circolazione del veicolo” ai sensi dell’art. 2054 c.c. “l’uso” che di esso si compia su aree destinate alla circolazione – sempre che sia quello che secondo le sue caratteristiche il veicolo può avere”, con la conseguenza che “la copertura assicurativa deve riguardare tutte le attività cui il veicolo è destinato e per cui lo stesso circola su strada di uso pubblico o su area equiparata”.

Stabilito il principio che l’assicurazione deve riguardare tutte le attività a cui il veicolo è destinato

Tale interpretazione già di suo portava a superare l’esclusione della copertura assicurativa in luogo privato non aperto a una pluralità di persone, dovendosi ritenere che il criterio determinante è quello dell’uso del mezzo secondo la sua funzionalità, per il quale è stabilita la responsabilità del conducente dall’art. 2054 c.c. e per la quale, logica vorrebbe, è stata imposta l’assicurazione obbligatoria R.c. auto. Ma il principio enunciato nel 2015 dalle Sezioni Unite non esplicitava direttamente il corollario secondo cui l’assicurazione è tenuta a coprire tutti i sinistri derivanti dalla circolazione di un veicolo a prescindere dal luogo di accadimento degli stessi: pertanto, sono continuate le pronunce dei giudici di merito che hanno ritenuto non operante l’assicurazione in tutti i casi di sinistri avvenuti in area privata non aperta al pubblico e ciò nonostante tali conseguenze assurde risultassero escluse da anni dalla normativa europea e dalla giurisprudenza comunitaria.

 

La normativa comunitaria da anni era pervenuta a questa conclusione

In particolare, la Direttiva 90/232/CEE cd. “terza direttiva” (attuata con la L. n. 142/1992 e poi modificata dalla quinta Direttiva), dispone che l’assicurazione “copre la responsabilità per i danni alla persona di qualsiasi passeggero, diverso dal conducente, derivanti dall’uso del veicolo”, e la Corte di Giustizia Europea in plurime occasioni non ha escluso la copertura assicurativa, secondo le Direttive vincolanti per gli Stati dell’Unione, in casi di sinistri avvenuti in luoghi privati non accessibili a terzi, e quindi, per citare solo alcuni esempi, tanto nel caso di un sinistro cagionato da trattore munito di rimorchio nel cortile privato e finanche nell’ipotesi di incidente cagionato dal figlio del proprietario impossessatosi senza autorizzazione del veicolo parcheggiato nel cortile di casa, senza avviare le pratiche di relativo ritiro dalla circolazione.

Pertanto, nel 2021, le Sezioni Unite della Cassazione sono state chiamate a valutare se sussistesse contrasto tra la normativa italiana e quella europea così come interpretata dalla Corte di Giustizia, tenuto conto che il giudice italiano è comunque obbligato a disapplicare la normativa statale se direttamente confliggente con quella comunitaria, qualora non sia possibile un’interpretazione adeguatrice della norma di diritto interno a quella di diritto Europeo, così come imposto dall’art. 189, comma 3 del Trattato CEE, e quindi dall’art. 249, comma 3, del Trattato UE.

 

Con l’ultima sentenza le Sezioni Unite hanno escluso discrasie in merito tra diritto europeo e interno

In tale ottica, nella sentenza, la Cassazione rileva che la discrasia tra diritto comunitario e diritto interno in realtà è solo apparente, e, traendo le conseguenze derivanti dalla propria pronuncia del 2015, evidenzia che il requisito dell’indeterminatezza dei soggetti che possono accedere al luogo del sinistro deve escludersi come criterio determinante per ritenere operante l’assicurazione, anche in considerazione del fatto che lo stesso non può mai avere confini certi: basti pensare all’ospite o a chi per errore entri in un garage condominiale o a chi, avendo rapporti commerciali con l’impresa,  acceda con il proprio mezzo nel sedime privato di quest’ultima. Pertanto, il Supremo Collegio conclude che il criterio determinante a cui assegnare rilievo ai fini della determinazione dell’estensione della copertura assicurativa per la R.c.auto deve dunque rinvenirsi nell’uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale.

Il criterio perché la copertura assicurativa agisca è l’uso conforme del mezzo

In definitiva, la Cassazione chiarisce che rimane esclusa dalla copertura assicurativa solamente l’ipotesi dell’utilizzazione del veicolo in contesti particolari ed estranei dal concetto di circolazione previsto dall’art. 2054 c.c. e dal Codice delle Assicurazioni private, non aventi cioè diretta derivazione e specifico collegamento con quello del Codice della Strada, ipotesi da ravvisarsi esclusivamente nell’utilizzazione di mezzo non rientrante tra i veicoli disciplinati dal Cds, (ad esempio, con riferimento a scontro tra un’auto e uno sciatore su pista da sci, Cass., 20.10.2016, n. 21254), ovvero di utilizzazione anomala del veicolo, non conforme alle sue caratteristiche e alla sua funzione abituale, come allorquando venga utilizzato come arma per investire e uccidere persone (vedasi, da ultimo, Cass., 3.8.2017, n. 19368).

L’interpretazione estensiva in questi termini della nozione di “circolazione” su “aree… equiparate” alle “strade di uso pubblico” di cui all’art. 122 Cod. Assicurazioni, risulta in tal modo conforme al diritto dell’Unione Europea e alla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, senza necessità di disapplicare la norma di diritto italiana, che viceversa si presta a una lettura adeguatrice ai principi stabiliti in ambito comunitario. Può ritenersi, dunque, definitivamente venuta meno la zona d’ombra in cui la copertura assicurativa dei veicoli a motori non è risultata per anni operativa.

 

Una logica interpretazione colpevolmente tardiva, anche alla luce del principio di ragionevolezza

Viene da chiedersi se si doveva attendere oltre mezzo secolo per un’interpretazione come quella fornita dalla Cassazione, o se i giudici italiani non potessero già arrivare alle medesime conclusioni, non solo tenendo conto dei parametri costituzionali derivanti dagli artt. 11 e 117 Cost. che impongono il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, ma già, ab origine, del principio di ragionevolezza discendente dall’art. 3 della Costituzione.

Tale principio, corollario del principio di uguaglianza, esige che le norme dell’ordinamento, in tutte le loro forme, siano adeguate al fine perseguito. Esso rappresenta un limite alla discrezionalità del legislatore, al punto che una disposizione di legge può essere dichiarata incostituzionale e quindi eliminata dall’ordinamento ad opera della Corte costituzionale, se non rispetta tale principio, sempre che non sia possibile un’interpretazione alternativa, tale da condurre ad effetti diversi.

In quest’ottica, una lettura costituzionalmente orientata della norma sull’assicurazione obbligatoria, infatti, conduce necessariamente a escludere un’interpretazione limitativa della copertura degli obblighi assicurativi in tema di R.c.auto, posto che altrimenti si porrebbe in radicale contrasto con lo spirito che ha spinto il legislatore ad approvare la copertura obbligatoria, racchiuso nella necessità, per usare i termini del Ministro che nel 1968 ha presentato il relativo disegno di legge di far fronte alla “esigenza di garantire alle vittime della circolazione stradale, colpite sia nella persona che nei beni, il risarcimento dei danni”.

L’amara conclusione è che per oltre mezzo secolo, con l’interpretazione invalsa nei tribunali italiani, è stata pregiudicata proprio l’esigenza di risarcire le vittime da circolazione stradale, per garantire la quale era stata introdotta la copertura obbligatoria di legge, laddove, come emerso dalla stessa normativa e giurisprudenza comunitaria, la soluzione interpretativa della disposizione che la rende concretamente applicabile non può mai accogliersi se preclude in assoluto la possibilità di soddisfare l’esigenza tutelata.

Il giudice, nell’esercizio del suo ufficio, non deve limitarsi ad avallare una delle interpretazioni possibili del testo normativo, ma in virtù del principio di ragionevolezza è tenuto ad effettuare una valutazione ermeneutica, “in cui l’indagine tiene conto delle conseguenze e degli effetti delle leggi” dovendo avallare un’interpretazione volta ad evitare “gli esiti paradossali che possono prodursi da una regola apparentemente logica”, per citare l’intervento tenuto in una conferenza del 2013 dall’oggi Ministro della Giustizia Marta Cartabia, non potendosi ammettere, nel caso di specie, che una disposizione di legge in vigore per imporre l’obbligo di garantire le vittime di sinistri da circolazione di un veicolo, non operi in tutti i casi in cui quel medesimo veicolo venga a tal fine utilizzato.

Avv. Alessandro Di Blasi

Foro di Venezia

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