Le cure necessarie e urgenti sono a carico del S.S.N.

Con l’interessante sentenza n. 20128/23, III Sez. Civile, pubblicata il 13 luglio 2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che quando un ricovero è necessario ed urgente, lo Stato, che si fa sempre e comunque carico della salute del cittadino, dovrà rimborsare al paziente stesso quanto sostenuto e non alla casa di cura, a prescindere che essa sia o meno convenzionata con la Asl di riferimento.

La struttura sanitaria ha proposto ricorso per riottenere le risorse economiche utilizzate, ma gli Ermellini hanno affermato che tale indennizzo non spetta al luogo nel quale sono state praticate le cure, anche se esse sono giudicate necessarie ai fini della salute dell’individuo.

La casa di cura accetta il ricovero dell’uomo: a chi spettano le spese?

La vicenda prende le mosse dal ricovero di un uomo presso una Onlus di Brindisi, la quale sia per la situazione di emergenza in cui verteva l’anziano, che per la mancata risposta alle richieste di autorizzazione del ricovero della Asl, ha deciso comunque di accogliere il paziente.

Dopo aver prestato le dovute attenzioni mediche, però, la struttura ha richiesto tramite decreto ingiuntivo il pagamento delle spese sanitarie alla Asl, che erano state sostenute in concomitanza con il paziente, ma sia in primo che in secondo grado è stato affermato che non essendovi alcun rapporto di convenzione o contrattuale, la Asl non era obbligata al rimborso. La Onlus, infatti, era formalmente slegata dalla Sanitaria, ma per adempiere al diritto alla salute ha accolto l’uomo.

Senza il rimborso, si viola il diritto alla salute…

Il contenzioso giunge sino in Cassazione, la quale però ha ribaltato quanto affermato dal Tribunale e dalla Corte d’appello. Secondo la ricorrente (casa di cura, ndr) per la tutela della salute, in caso di cure necessarie ed urgenti, spetterebbe il rimborso anche se la struttura non è convenzionata, ed a prescindere dalla autorizzazione da parte della ASL.

E il Palazzaccio su questo punto spiega in sintesi che l’assenza di un rapporto contrattuale non è da ostacolo per il diritto al rimborso, il quale si basa sia sulla necessità di tutela del diritto alla salute, sia sulla situazione di emergenza del caso in specie.

Spetta il rimborso anche se la struttura non è convenzionata

La Suprema Corte, però, ha iniziato spiegando che “ove la cura sia necessaria ed urgente, essa è a carico del sistema pubblico, e non rileva che sia stata effettuata in una struttura convenzionata o meno, e non rileva che sia stata autorizzata dalla ASL secondo una qualche procedura. E’ rimborsabile in quanto, se non lo fosse, il relativo onere sarebbe a carico del paziente e se costui non avesse le risorse, la salute sarebbe compromessa”.

Fatta questa premessa però, la Corte ha continuato specificando che la casa di cura ha posto la questione secondo cui nell’ambito delle prestazione indirette competa il rimborso a prescindere sia dal convenzionamento che dall’autorizzazione al ricovero e, seppur il motivo sia in linea di principio fondato, “non è la struttura ad essere titolare del diritto al rimborso in questo caso, bensì il paziente stesso” sostiene il giudice di merito.

Si legge ancora nella sentenza che “il principio sopra richiamato – ossia che quando la cura è necessaria ed urgente il relativo onere non può essere fatto gravare sul paziente – opera per l’appunto nel senso che lo Stato si fa carico della salute del cittadino garantendo a lui il rimborso della spesa sostenuta. E’ il cittadino ad avere diritto al rimborso di una cura che, comunque effettuata (in convenzionamento o meno, con o senza preventiva autorizzazione), essendo per la sua salute necessaria, va a lui rimborsata e non alla struttura in cui è praticata”.

Il ricorso, in conclusione, formalmente è rigettato, poiché non sarà la struttura a dover ricevere il denaro dallo Stato, bensì il cittadino stesso.

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