Danni da smog, niente risarcimento per il singolo cittadino

Sulla decisione, più che l’interpretazione delle norme, deve aver pesato il crudo realismo, un bel po’ di Stati membri sarebbero “falliti” per pagare i risarcimenti a milioni di persone considerati i livelli di inquinamento ambientale. Sta di fatto che, secondo la Corte di Giustizia europea, i cittadini non possono essere risarciti per i danni alla salute da smog o, meglio, le direttive comunitarie che stabiliscono norme per la qualità dell’aria non sono, in quanto tali, preordinate a conferire ai singoli diritti la cui violazione possa dare loro diritto a un risarcimento.

Essi possono però ottenere dalle autorità nazionali, eventualmente agendo dinanzi ai giudici competenti, che esse adottino le misure richieste ai sensi di tali direttive. Queste, in sintesi, le conclusioni della sentenza emessa il 22 dicembre 2022.

 

Un cittadino francese chiede un maxi risarcimento allo Stato per i danni alla salute da smog

La domanda di pronuncia pregiudiziale pervenuta alla Corte riguardava l’interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU 2008, L 152, pag. 1).

A presentarla, la Corte d’appello amministrativa di Versailles, in Francia, nell’ambito di una controversia tra, da un lato, un cittadino francese e, dall’altro, il ministro della Transizione ecologica e il primo ministro transalpino. Il cittadino, residente nella regione di Parigi, sosteneva che lo Stato francese non aveva provveduto affinché i livelli di biossido di azoto (No2) e di particolato (il Pm10)  nell’aria non superassero i valori limite applicabili uniformemente in tutta l’Unione europea, chiedendo quindi al Tribunale amministrativo di Cergy-Pontoise l’annullamento della decisione con la quale il prefetto del Val-d’Oise avrebbe rifiutato di adottare le misure necessarie a risolvere i suoi problemi di salute connessi all’inquinamento atmosferico: una situazione, questa, non diversa da quella di tante città italiane, i cui “sforamenti” superano di molto il numero massimo di giornate ammesse.

Non solo. Il ricorrente aveva anche domandato allo Stato francese un maxi-risarcimento dell’importo totale di 21 milioni di euro, ritenendo infatti di subire un danno derivante dal deterioramento del suo stato di salute fin dal 2003, e che esso sarebbe stato causato dal degrado della qualità dell’aria nell’agglomerato di Parigi. Un degrado che, a suo avviso, sarebbe il risultato della violazione, da parte delle autorità francesi, degli obblighi ad esse imposti ai sensi del diritto dell’Unione.

Il tribunale aveva respinto il ricorso ma il cittadino aveva appellato la sentenza e, investita della questione, la Corte d’appello amministrativa di Versailles ha sospeso la decisione domandando alla Corte europea, in buona sostanza, se, e a quali condizioni, i singoli potessero chiedere un risarcimento allo Stato per i danni alla salute derivanti dal superamento dei valori limite di concentrazione dei due inquinanti suddetti stabiliti dalle norme di diritto dell’Unione.

Infatti, conformemente ad una giurisprudenza consolidata, qualora uno Stato membro violi l’obbligo ad esso incombente in forza dell’articolo 288, terzo comma, TFUE (il Trattato sul Funzionamento dell’Unione), di prendere tutti i provvedimenti necessari a conseguire il risultato prescritto da una direttiva, la piena efficacia di questa norma di diritto dell’Unione esige che sia riconosciuto un diritto a risarcimento (sentenza Francovich, punto 39).

 

Per i giudici europei gli obblighi delle norme CE non conferiscono diritti individuali ai singoli

Tale responsabilità, spiega nella sentenza la Corte Europea, può essere fatta valere dai soggetti lesi qualora siano soddisfatte tre condizioni: che la norma giuridica dell’Unione violata sia preordinata a conferire loro diritti; che la violazione di tale norma sia sufficientemente qualificata; che esista un nesso causale diretto tra tale violazione e il danno subito da detti soggetti.

Ebbene, i giudici europei, riuniti in Grande Sezione, nel caso di specie, per quanto riguarda la prima di tali condizioni, hanno ritenuto che gli obblighi derivanti dalle direttive in questione non siano preordinati a conferire diritti individuali ai singoli che possano attribuire loro un diritto al risarcimento nei confronti di uno Stato membro.

La Corte ammette che le direttive sulla qualità dell’aria prevedono obblighi chiari e precisi in merito al risultato che gli Stati membri devono garantire. Tuttavia, questi obblighi perseguirebbero un obiettivo generale di protezione della salute umana e dell’ambiente nel suo complesso. Esse non conterrebbero, cioè, alcuna attribuzione esplicita di diritti ai singoli e non consentirebbero quindi di ritenere che, nel caso in oggetto, a singoli o categorie di singoli siano stati implicitamente conferiti diritti individuali la cui violazione possa far sorgere la responsabilità di uno Stato membro per danni causati ai singoli.

Magra consolazione, la Corte chiarisce però che i singoli devono poter ottenere dalle autorità nazionali, agendo eventualmente dinanzi ai giudici competenti, che esse adottino le misure richieste ai sensi delle direttive europee, come un piano per la qualità dell’aria, non esclude che la responsabilità dello Stato possa sorgere sulla base del diritto interno, a condizioni meno restrittive, e infine ricorda che i giudici di uno Stato membro possono eventualmente pronunciare ingiunzioni accompagnate da penalità volte a garantire il rispetto, da parte di tale Stato, degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione.

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