Differenze tra il danno da perdita di chance e il danno da morte

Una cosa è il danno da perdita di chance per un paziente, un’altra il danno per la perdita del bene della vita. Nella sentenza n. 31136/22 depositata il 21 ottobre 2022 la Cassazione fa chiarezza su due fattispecie di pregiudizio ben distinte tra loro.

Medici a processo per la morte di un paziente, ma interviene la prescrizione

Il primo marzo 1996 un uomo aveva accusato un malore ed era stato trasportato al pronto soccorso dell’Ospedale di Mola di Bari, e da qui trasferito, con la diagnosi iniziale di epigastralgia colica addominale all’ospedale di Triggiano (IN FOTO), dove però, purtroppo, era deceduto il 5 marzo 1996 per ischemia infero-laterale estesa. I suoi familiari avevano sporto denuncia, ritenendo che sussistesse una responsabilità anche penale dei medici che avevano assistito il loro caro nei suoi ultimi giorni di vita. Al termine delle indagini, il Gip aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti dei dottori del pronto soccorso di Mola di Bari, mentre, con separato decreto, aveva disposto il rinvio a giudizio dei medici dell’ospedale di Triggiano che avevano avuto in cura il paziente, ma il procedimento penale si era chiuso con la successiva dichiarazione di non doversi procedere anche nei loro confronti per intervenuta prescrizione.

Nel 2004 i congiunti della vittima avevano citavano in giudizio la Ausl Bari 4, cui faceva capo l’ospedale di Triggiano, e tutti i medici per sentire accertare la loro responsabilità nella morte del loro familiare, in particolare per non averlo tempestivamente ricoverato in una unità intensiva coronarica, e per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni. Nel 2013 il Tribunale di Bari aveva rigettato la domanda, mentre, con sentenza del 2019, la Corte di appello di Bari aveva sovvertito l’esito del giudizio di primo grado accogliendo l’appello dei familiari, nei confronti però della sola Asl di Bari e di tre dottori dell’ospedale di Triggiano, uno del reparto di medicina generale, dove il paziente era stato ricoverato fino alla sua morte, e due cardiologi, condannandoli in solido a liquidare alla moglie e ai due figli della vittima per perdita del rapporto parentale la somma di 245.990 euro in favore di ciascuno di essi

Nella sentenza la Corte d’appello aveva rigettato l’eccezione di inammissibilità del gravame, ritenendo che il motivo d’appello fosse dotato di sufficiente specificità, consistendo nella denuncia di un’errata valutazione da parte del primo giudice delle risultanze probatorie acquisite agli atti, con evidente riferimento alle conclusioni peritali: l’appello contestava la contraddittorietà tra la pur accertata imprudenza, negligenza e imperizia dei tre medici di reparto e il successivo rigetto della domanda risarcitoria. I giudici avevano quindi separato la posizione dei medici di guardia in servizio presso il pronto soccorso del presidio ospedaliero di Mola di Bari, ritenendoli esenti da colpa, dalla posizione degli altri tre, come detto uno primario del reparto di medicina generale dell’ospedale di Triggiano, e gli altri suoi consulenti di cardiologia.

 

Per i giudici sussiste la prova del nesso causale tra decesso e condotta negligente dei sanitari

La sentenza d’appello aveva affermato che dalle risultanze probatorie emergeva la prova del nesso causale tra la condotta dei sanitari e la morte del paziente, applicando la regola probatoria del “più probabile che non”, ritenendo che il responsabile del reparto e i suoi consulenti cardiologici avrebbero potuto e dovuto riscontrare la grave patologia cardiaca in atto e intervenire tempestivamente attivandosi per il trasferimento del paziente nel reparto di unità coronarica più vicino, il che avrebbe consentito un monitoraggio approfondito e costante e la sottoposizione precoce del paziente a rivascolarizzazione miocardica, al fine di assicurargli le terapie adeguate alla sua condizione, che solo un reparto di unità coronarica poteva fornire, a prescindere dal conseguimento della certezza che tali trattamenti avrebbero scongiurato l’esito mortale, proprio perché il giudizio di responsabilità civile non si fonda su un’asserzione di certezza ma su una valutazione in termini probabilistici.

Facendo proprie le considerazioni del consulente tecnico d’ufficio, la Corte d’appello aveva concluso  che trattenere il paziente presso un reparto di medicina generale aveva costituito al tempo stesso un comportamento imperito, imprudente e negligente che aveva senz’altro concorso, secondo il criterio di probabilità relativa, al tragico epilogo, precisando che “le probabilità di sopravvivenza del paziente specializzato sarebbero state sicuramente superiori a quelle che allo stesso venivano concesse in un reparto inidoneo in quanto sprovvisto della necessaria strumentazione quale quello di medicina generale“. E non aveva quindi condiviso l’interpretazione data dal primo giudice alle stesse valutazioni del Ctu, intese come indicatore solamente di un danno ontologicamente diverso, quale quello da perdita di chance, sostenendo che al contrario emergeva dalla consulenza il ruolo concausale nella condotta omissiva dei tre sanitari che operavano presso l’ospedale di Triggiano nel provocare la morte del paziente.

Affermata dunque la responsabilità concorsuale dei tre medici, la Corte d’appello aveva esteso l’obbligo risarcitorio, sulla base del vincolo di solidarietà, anche al presidio ospedaliero di Triggiano e dunque alla Asl di Bari quale ente pubblico di riferimento, e aveva applicato, per la quantificazione del danno, le tabelle del Tribunale di Milano (facendo riferimento a quelle approvate nel 2011) nei loro valori medi e sulla base di esse era pervenuta infine a liquidare a ciascuno dei congiunti, senza altro aggiungere e senza distinguere le rispettive posizioni, la somma di 245.990 euro.

 

Per gli Ermellini è stata negata al paziente solo la possibilità di ottenere un risultato migliorativo

A questo punto è stata l’Asl di Bari a proporre ricorso per Cassazione contestando la sentenza di appello sia nel merito, con particolare riferimento alla dimostrazione del nesso causale, sia nel quantum assegnato, w battendo in particolare, ed è l’aspetto che qui più preme, sulle conclusioni della Ctu dalla quale si sarebbero dovuti ritenere responsabili i tre medici soltanto per perdita di chance, ma non della morte del paziente, attribuendo quindi loro la responsabilità piena dell’evento infausto. Motivo di doglianza, l’unico peraltro dei quattro presentati, che secondo la Suprema Corte è fondato.

Gli Ermellini in effetti si soffermano sul passo della sentenza nel quale in si accertava l’esistenza del nesso causale tra il comportamento omissivo dei medici – consistente come detto nel non aver trasferito il paziente, pur consapevoli della gravità delle sue condizioni, presso un’adeguata unità coronarica e nell’averlo trattenuto per quattro giorni presso il reparto di medicina generale dove comunque, a prescindere dalle concrete probabilità di superare la crisi, non avrebbe potuto ricevere cure adeguate – e la morte del paziente. La Corte d’appello aveva ritenuto tale comportamento non solo imperito e imprudente ma anche negligente in quanto tradottosi nella mancanza di esecuzione dei necessari accertamenti clinico strumentali sul paziente, impossibili all’interno appunto di un reparto di medicina generale. E lo aveva valutato nel suo complesso come dotato di rilevanza causale sulla morte del paziente, ritenendo con ragionamento probabilistico che, se sottoposto agli interventi adeguati alla situazione, in una struttura specializzata in grado di assisterlo, egli avrebbe potuto avere delle possibilità di superare la crisi.

Ma secondo la Cassazione le considerazioni della corte territoriale sul comportamento inadeguato, imprudente e imperito dei medici “non si accompagnano ad un rigoroso ragionamento controfattuale, volto all’accertamento del nesso di causalità tra il comportamento da questi tenuto e il decesso del paziente, da porre alla base dell’affermazione, seppur in termini probabilistici e non di assoluta certezza, che ove spostato in un reparto in grado di fornire le cure adeguate il paziente si sarebbe salvato”.

La sentenza, fanno infatti notare i giudici del Palazzaccio, aveva affermato, testuali parole, che “la preclusione di tali interventi sanitari, operabili esclusivamente in un reparto UTIC, ascrivibile all’omissione contestata, ha indubbiamente concorso, alla stregua del criterio di probabilità relativa (..) al tragico epilogo determinatosi”, per poi aggiungere che “le probabilità di sopravvivenza del (omissis) un reparto specializzato sarebbero state sicuramente superiori a quelle che allo stesso venivano concesse in un reparto inidoneo in quanto sprovvisto della necessaria strumentazione, quale quello di medicina legale”.

Data questa premessa, i giudici hanno però concluso, incoerentemente secondo la Cassazione, con l’accoglimento della domanda risarcitoria ritenendo provata l’esistenza del nesso causale tra il comportamento dei medici e il danno consistente nella morte del paziente. “I riferimenti contenuti nella sentenza impugnata al comportamento dei medici, che non hanno sottoposto il paziente che già presentava un’estesa ischemia miocardica alle cure necessarie e al monitoraggio diagnostico adeguato, conseguibili solo con lo spostamento del paziente in un reparto di terapia intensiva – spiega la Suprema Corte – fanno intendere, conformemente alle risultanze della Ctu. pure riportate in sentenza, che gli sia stata negata la possibilità di ottenere un risultato migliorativo, che avrebbe avuto qualche chance di conseguire, conformemente alla nozione di perdita di chance, da valutarsi non in relazione alla concreta possibilità del paziente di guarire, cioè in relazione non al risultato atteso, ma in relazione alla perdita della possibilità di conseguire il risultato utile e sperato: infatti, non è il risultato perduto, ma la perdita della possibilità di realizzarlo l’oggetto della pretesa risarcitoria nella perdita di chance”.

 

La differenza tra perdita di chance e perdita del bene vita

In altre parole, nel momento di trarre le fila del proprio ragionamento, la corte d’appello avrebbe confuso i due piani, quello della chance, ovvero della perdita della possibilità del conseguimento di un risultato utile soltanto sperato, e quello dell’accertamento del nesso causale pieno in relazione alla perdita del bene vita, “ovvero dell’accertamento, come più probabile che non, che il comportamento corretto e tempestivo dei sanitari, ovvero l’immediato trasferimento del paziente nell’unità specializzata, avrebbe potuto evitare il danno (la morte) e far conseguire il risultato sperato (la guarigione del paziente), predicando, a quella che descrive in fatto come mera perdita della possibilità di conseguire un miglior risultato, le conseguenze risarcitorie proprie dell’accertamento diretto del nesso di causa tra il comportamento omissivo dei medici e la morte del paziente con l’integrale risarcimento, a carico dei medici e della ASL, del danno da perdita del rapporto parentale subito dalla moglie e dai figli della vittima

La sentenza è stata pertanto cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, che dovrà procedere, previa rinnovazione dell’accertamento in fatto, a verificare “se un danno è stato subito e a quale categoria esso sia riconducibile, e nell’eventualità a liquidarlo”. Tenendo peraltro conto,  nel rispetto dei principi sopra esposti, in termini di perdita del rapporto parentale, aggiunge la Cassazione, “delle più recenti affermazioni di legittimità secondo le quali, in tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio in casi analoghi, e una adeguata personalizzazione, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul “sistema a punti”, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi

In conclusione, la corte d’appello dovrà rinnovare il giudizio e quindi accertare se il comportamento omissivo dei medici dell’ospedale di Triggiano “possa considerarsi, alla stregua del ragionamento controfattuale fondato sul criterio del più probabile che non, in rapporto di causalità con la morte del paziente, qualora si reputi più probabile che, se trasferito immediatamente, sarebbe sfuggito all’esito mortale, o se esso rilevi solo in termini di probabilità di perdita della concreta possibilità di un risultato soltanto sperato, o ancora se non possa ritenersi provato il nesso causale neppure in riferimento alla perdita di chance; e in caso di accoglimento della domanda in relazione all’una o all’altra voce, provvederà poi alla liquidazione del danno in favore degli aventi diritto”.

La Cassazione ribadisce quindi i principi di diritto a cui dovrà attenersi la Corte territoriale: “in materia di risarcimento del danno alla persona, il giudice deve preliminarmente qualificare la domanda, se volta ad ottenere il risarcimento integrale del danno per il verificarsi dell’evento infausto, o se volta ad ottenere il danno da perdita di chance; dovrà quindi, in entrambi i casi, provvedere alla verifica dell’esistenza del nesso causale, il cui onere probatorio grava sull’attore, tra condotta e danno, tramite ragionamento probabilistico; se il danno lamentato consiste nella perdita di un bene della vita, dovrà accertare mediante ragionamento controfattuale se, ove fosse stato tenuto un comportamento diverso, è più probabile che il danno non si sarebbe verificato; se invece il danno lamentato consiste nella perdita di “chance” dovrà accertare se il comportamento ha portato alla perdita della possibilità apprezzabile di conseguire un risultato soltanto sperato, e non già al mancato risultato stesso”.

close
Blog Giuridico
VUOI RIMANERE AGGIORNATO?

Iscriviti per ricevere una email ogni volta che verrà pubblicato un articolo in Blog Giuridico

Condividi sui Social

Potrebbero interessarti anche...

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments