Risarcimento per incidente causato da un veicolo non identificato

Non si può mettere in capo a chi (già) rimane vittima di un pirata della strada anche l’onere di individuare il veicolo responsabile dell’incidente ai fini della richiesta di risarcimento al Fondo di Garanzia e la querela contro ignoti non costituisce condizione di procedibilità per l’azione risarcitoria nei confronti della compagnia assicurativa designata dal Fondo stesso. 

La Cassazione, con l’ordinanza n. 21983/22 depositata il 12 luglio 2022, è tornata a ribadire questo principio a tutela di quanti subiscono le conseguenze di uno dei fenomeni più aberranti, quello appunto della pirateria stradale: una riaffermazione necessaria se è vero che tanti, troppo tribunali continuano a non applicarlo. 

 

Respinta a richiesta danni della vittima di un pirata per non aver assolto all’onere probatorio

Il conducente di un ciclomotore aveva citato in causa Generali, in quanto compagnia mandataria all’epoca per la regione Campania del Fondo di Garanzia per le vittime della strada, per essere risarcito dei danni subiti a causa di un sinistro stradale provocato da un’auto che, non concedendogli la precedenza, lo aveva investito e il cui guidatore, per di più, non si era fermato dandosi alla fuga, fatto accaduto nell’agosto 2004 nel Napoletano.

Il tribunale di Napoli, con sentenza del 2012, tuttavia, aveva rigettato la domanda condannando anche il malcapitato al pagamento delle spese processuali: secondo i giudici il danneggiato non avrebbe dato prova dell’impossibilità di identificare il responsabile del sinistro. Decisione peraltro confermata dalla Corte d’Appello partenopea, avanti la quale la vittima dell’investimento aveva appellato il pronunciamento di prime cure: anche secondo i giudici di secondo grado l’onere probatorio gravante sull’appellante in ordine all’individuazione del colpevole non sarebbe stato assolto.

A questo punto la moglie del danneggiato, purtroppo deceduto durante il giudizio di appello, ha proposto ricorso per Cassazione (al quale Generali ha resistito), lamentando con il primo motivo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 19,1 comma, della L. 990/1969, degli art. 2697, 2727, 2728, 2729 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 e.p.c. 

 

I giudici territoriali avevano posto in capo alla parte offesa oneri di prova non richiesti

Secondo la ricorrente i giudici territoriali avevano deciso in contrasto con i principi della Cassazione, sbagliando in particolare laddove avevano ritenuto che la mancata individuazione del colpevole da parte della vittima rilevasse ai fini della ricostruzione della dinamica del sinistro e non ai fini di un concorso di colpa ex art. 1227, 2 comma, c.c., sovrapponendo, in tal modo, fatti diversi e addossando in capo all’attore oneri di prova non richiesti dalla legge. In altri termini, la Corte d’Appello aveva ritenuto che il mancato assolvimento da parte del danneggiato della prova della diligenza minima tenuta al fine di consentire l’individuazione del responsabile avrebbe reso ultronea l’indagine sull’effettiva disamica del sinistro. 

Con il secondo motivo, poi, la moglie della vittima lamentava, ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli arti. 115e 116 cp.c. La Corte Territoriale avrebbe esaminato gli elementi istruttori, quali il referto di pronto soccorso e la prova testimoniale, singolarmente e come elementi “scollegati” tra di loro, in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. In particolare, la valutazione di tali prove sarebbe stata effettuata dal giudice di secondo grado non già alla luce degli altri elementi di prova acquisiti nel corso del processo bensì in ragione di personali ed arbitrarie congetture e meri sospetti. 

 

La Suprema Corte fa chiarezza

La Cassazione dà piena ragione alla ricorrente dichiarando fondato il primo motivo. “In tema di sinistri stradali causati da veicoli non identificati, la presentazione di una denuncia o di una querela contro ignoti non è condizione di proponibilità dell’azione di risarcimento del danno esperita, ai sensi dell’art. 19 della 1. n. 990 del 1969 (ratione temporis applicabile), nei confronti dell’impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, né il danneggiato è tenuto ad attivarsi per identificare il veicolo in quanto l’accertamento giudiziale, nel cui contesto la presentazione o meno della denuncia o della querela costituisce un mero indizio, non riguarda la diligenza della vittima nel consentire l’individuazione dei responsabile, ma la circostanza che il sinistro stesso sia stato effettivamente provocato da un veicolo rimasto non identificato per circostanze obiettive e non imputabili a negligenza della vittima” ripetono per l’ennesima volta i giudici del Palazzaccio. 

Pertanto, ha effettivamente errato la Corte d’Appello laddove, pur avendo riconosciuto che la proposizione della querela non è condizione di procedibilità, “ha poi affermato che il mancato assolvimento da parte del danneggiato della prova della diligenza minima tenuta al fine di consentire l’individuazione del responsabile rende ultronea l’indagine sull’effettiva dinamica del sinistro.”

Assorbito il secondo motivo di ricorso dall’accoglimento del primo, i giudici del Palazzaccio hanno pertanto cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione. 

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