Come va risarcito il danno differenziale patito sul lavoro

Le somme versate dall’Inail non possono considerarsi “integralmente satisfattive” del pregiudizio subito da un lavoratore in seguito ad un infortunio sul lavoro.

Il giudice dunque, per pervenire ad un equo risarcimento, dopo aver liquidato il “danno civilistico”, dovrà procedere alla comparazione di tale danno con l’indennizzo erogato seguendo il criterio delle “poste omogenee”: vanno cioè espunte dall’importo liquidato a titolo di danno civilistico le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall’importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita Inail destinata a ristorare il danno biologico permanente, e non tutte le somme erogate dall’istituto assicuratore. E’ una ordinanza rilevante e chiarificatrice in tema di “danno differenziale” quella, la n. 3694/23, depositata dalla Corte di Cassazione, sezione Lavoro, il 7 febbraio 2023.

La Corte d’appello decurta il risarcimento alla moglie di un operaio deceduto per infortunio

Il caso. La Corte d’Appello di Perugia, nel 2017, in parziale riforma della sentenza del Tribunale cittadino, aveva respinto le domande risarcitorie della moglie di un lavoratore, deceduto a soli 48 anni in seguito a un tragico incidente sul lavoro occorso nel 2005, nei confronti della azienda per la quale lavorava e la sua titolare, nel senso che, pur confermando nel resto la decisione di prime cure, aveva ridotto la quantificazione della somma che le controparti erano state condannate a rifondere in primo grado quale risarcimento del danno non patrimoniale, ossia 245mila euro: per l’ennesima morte bianca erano state accertate responsabilità penali da parte del datore di lavoro ed erogate in favore degli eredi le prestazioni di legge da parte di Inail e Inps, nonché somme a titolo di acconto.

Nella sua decisione la Corte di merito aveva ritenuto che il valore di queste prestazioni erogate alla vedova da parte dell’Inail fosse, in concreto, superiore al valore complessivo del danno patrimoniale e non patrimoniale che aveva subito in conseguenza dell’infortunio. E aveva risolto il problema di interpretazione dell’art. 10, commi 6 e 7, del d.P.R. n. 1124/1965 (che riguarda il divieto di cumulo tra risarcimento ed indennità), consistente nello stabilire se la detrazione dovesse avvenire solo nell’ambito di poste omogenee o dovesse tenere conto di tutte le somme erogate dall’istituto assicuratore, nel senso che ai fini del calcolo del danno differenziale dovevano essere conteggiati tanto il danno patrimoniale che quello non patrimoniale.

 

Le prestazioni di legge dell’Inail non sono integralmente satisfattive del danno

La moglie della vittima ha quindi proposto ricorso per Cassazione contestando lo scomputo dell’erogazione dell’istituto assicuratore per poste non omogenee ed evidenziando la necessità di liquidare separatamente i pregiudizi patrimoniali e non patrimoniali, e l’autonomia del danno da perdita parentale.

Motivo del tutto fondato secondo la Suprema Corte, la quale è tornata a chiarire che in materia va applicato, a differenza dell’opzione interpretativa seguita dalla Corte di merito, il criterio della comparazione tra poste omogenee.

Infatti, rammentano gli Ermellini, “in tema di danno cosiddetto differenziale, la diversità strutturale e funzionale tra l’erogazione Inail ex art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 ed il risarcimento del danno secondo i criteri civilistici non consente di ritenere che le somme versate dall’istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del pregiudizio subito dal soggetto infortunato o ammalato, con la conseguenza che il giudice di merito, dopo aver liquidato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con l’indennizzo erogato dall’Inail secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo presente che detto indennizzo ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale”.

 

Per calcolare il danno differenziale va applicato il criterio per poste omogenee

Occorre dunque dapprima distinguere il danno non patrimoniale da quello patrimoniale, “comparando quest’ultimo alla quota Inail rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato“; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale, “dall’importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall’importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita Inail destinata a ristorare il danno biologico permanente”.

Il tutto, sottolinea la Cassazione, “in linea con la ricostruzione costituzionalmente orientata del sistema in termini coerenti con la struttura bipolare del danno-conseguenza, operando un computo per poste omogenee, sicché, dall’ammontare complessivo del danno biologico, va detratto non già il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’Inail, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare, in forza dell’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000, il danno biologico stesso, con esclusione, invece, della quota rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato, volta all’indennizzo del danno patrimoniale”.

E la pensione dell’Inps ha altri scopi e presupposti

E anche coerentemente con il principio per cui, in tema di responsabilità civile del datore di lavoro, “la liquidazione del danno alla salute conseguente ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale va effettuata secondo i criteri civilistici e non sulla base delle tabelle di cui al d.m. del 12 luglio 2000, deputate alla liquidazione dell’indennizzo Inail ex art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000, in ragione della differenza strutturale e funzionale tra tale indennizzo e il risarcimento del danno civilistico, salvo, poi, detrarre d’ufficio quanto indennizzabile dall’Inail, anche indipendentemente dalla effettiva erogazione”.

La sentenza impugnata è stata pertanto cassata, con rinvio alla Corte di Appello di Perugia in diversa composizione per l’ulteriore esame della domanda della vedova, che però dovrà essere effettuato attenendosi i principi sopra affermati, ossia con applicazione alla fattispecie, tenuto conto della posizione di erede e di superstite, “del criterio di liquidazione per poste omogenee, ed esclusa qualsiasi rilevanza in materia alla pensione Inps, basata su presupposti e con scopi diversi”.

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